Contro lo strapotere del capitale, rappresentato dalla borghesia al potere (banchieri, grandi industriali, gruppi finanziari internazionali).
Per vivere in un paese veramente democratico.
Per svuotare completamente il Parlamento italiano da ogni elemento opportunista ed arrivista, e riformarlo sotto diverse leggi e norme legate ad un ideale di maggiore giustizia ed equità.
Per il Socialismo dei mezzi di produzione.

giovedì 31 maggio 2012

Terremoto, il ricatto degli imprenditori agli operai: o lavori con le scosse o vai in ferie


Ventiquattro ore dopo la violenta scossa di terremoto che ha sepolto i lavoratori emiliani sotto i fragili capannoni nel quale lavoravano, viene da chiedersi perché fossero lì dentro a lavorare e non all’aperto, al riparo, al sicuro. Alcuni di loro sono usciti per paura dalla azienda nella quale lavoravano, ma sono stati subito riportati dentro dal padrone di turno che non vedeva di buon occhio il fatto di fermare il lavoro anche solo per una decina di minuti. Il problema, senza dilungarci troppo nella questione già ampiamente trattata sulle maggiori testate giornalistiche (in vario modo, più o meno corretto e veritiero) è che i capannoni crollati erano stati costruiti in economia, senza spendere un euro di più per la sicurezza e la salute di chi ci lavora 8-9 ore al giorno. Ci è stato detto da qualcuno che sotto le macerie oltre agli operai c'erano anche alcuni imprenditori. A noi del PSdA questa cosa non risulta. Risultano invece le telefonate fatte dai vari signori imprenditori ai propri operai. Telefonate che intimavano agli operai di rientrare subito al lavoro. Si spiega da solo il cartello affisso alla cancellata di una azienda da un imprenditore: "C’è stato il terremoto, ma la vita continua. Chi vuole lavorare lavori. Tutti gli altri possono prendersi le ferie. Liberissimi di farlo”. A pagare per la morte dei lavoratori devono essere i costruttori di questi capannoni, ma più di tutti chi ha garantito la loro agibilità. Un peso enorme che grava e graverà per sempre sulle spalle dei nemici del popolo italiano.

Il Direttivo Nazionale
Partito Socialista d'Azione

lunedì 28 maggio 2012

Pertini Dixit

La libertà è un bene prezioso che bisogna difendere giorno per giorno.

Sandro Pertini (1983)
 

I nuovi nazisti del Capitalismo: nuova strategia anticapitalista e antiimperialista.


Presente il console generale della Repubblica popolare cinese, Cai Wen, il 18 febbraio scorso a Milano, presso una sala di via Sansovino, si è svolta una conferenza dal titolo: «Il risveglio del Drago. Politiche e strategie della rinascita cinese». Fin qui nulla di strano. Tranne che ad organizzarla sia stata «Eurasia», una rivista di studi geostrategici legata all’estrema destra, e che a presiederla vi fosse Claudio Mutti, ex dirigente di Giovane Europa, un’organizzazione neofascista degli anni Sessanta, sezione italiana di Jeune Europe. Mutti, oltre a dirigere «Eurasia», è anche il fondatore di una delle principali case editrici di riferimento del radicalismo di destra, le Edizioni all’insegna del Veltro, nonché autore di Nazismo e Islam, un testo apologetico dei volontari bosniaci nelle SS. Convertitosi alla regione musulmana, Mutti ha anche assunto in onore dell’ex ufficiale delle SS, nonché criminale di guerra, Johann von Leers, riparato in Egitto, il suo stesso nome di copertura in arabo, Omar Amin. Non sappiamo le ragioni per cui il consolato cinese abbia deciso di inviare propri rappresentanti. Ma non è questo il punto.

STATO E POTENZA

Prima di questa iniziativa, sempre indette da «Eurasia», si erano già tenute a Milano altre piccole assemblee, come nel giugno dell’anno scorso, presso il Centro culturale San Fedele, sugli «obiettivi geostrategici dietro la guerra in Libia». Ma anche altre sigle si erano nel frattempo mosse per promuovere appuntamenti antiamericani e di amicizia con Cina e Russia. È il caso di Stato e potenza, un «nuovo nucleo politico e militante» impegnato «nel tentativo epocale di individuare in modo preciso e inequivocabile una nuova teoria del socialismo». Sua l’indizione, il 10 marzo, di un’assemblea al Victory Café di Via Castel Morrone dal titolo «Siria baluardo dell’antimperialismo o stato canaglia?», presente l’ex senatore di Rifondazione comunista Fernando Rossi. A impreziosire l’evento anche un collegamento, via skype, con Alexander Dugin, il traduttore in russo delle opere di Evola.

Riguardo le “nuove teorie socialiste” di Stato e potenza, basterebbe limitarsi a qualche proposta presente nel suo «Manifesto politico».

«Va prima di tutto recuperato» sostengono i nostri «il primato della scienza e della tecnica al servizio della politica [...] Parliamo di innovazioni e di capacità di crescita, a partire dalle fondamenta di ogni moderna economia di sviluppo: l’energia. Tornare al nucleare – anche se – sconfiggere la rete delle ong ambientaliste non sarà facile sul piano comunicativo». Oltre a ciò, sempre secondo Stato e potenza, bisognerebbe «avviare nuove reti di viabilità ferroviaria ad alta velocità destinate principalmente al trasporto commerciale, in modo da restringere i tempi di percorrenza tra Nord e Sud della Penisola». Andrebbe anche riformata la leva, ripristinando «il vecchio servizio obbligatorio, eliminando l’arruolamento professionale facoltativo, per preparare tutti gli uomini e le donne idonei al servizio – almeno per un anno – alla capacità di difesa e alla mobilitazione totale in caso di attacco, nel quadro della formazione di nuove milizie popolari». Nucleare più alta velocità più una società militarizzata. Questo il suo programma. Eppure Stato e potenza vanta relazioni con alcuni movimenti comunisti dell’Europa dell’est, come in Bielorussia e in Romania. Evidentemente da quelle parti c’è chi non si pone troppe domande.

I NAZIONALBOLSCEVICHI

Da tempo, in verità, quantomeno da un quindicennio, sono andate formandosi in Italia piccole realtà interne al neofascismo, che hanno cercato di collocarsi su posizioni anticapitaliste e antimperialiste. Certamente un fenomeno non nuovo. Le ascendenze vanno addirittura rintracciate nel primo movimento fascista in Italia e all’interno del movimento nazionalsocialista in Germania. Si pensi alle camicie brune di Ernst Rhom, ma ancor prima alla posizione assunta, nel periodo 1919-1920, da due esponenti socialisti, Friederich Wolffheim e Heinrich Laufenberg, che si dichiararono favorevoli a un’alleanza tra nazionalisti e comunisti, da cui la tendenza “nazionalbolscevica”, bollata dallo stesso Lenin come «madornale assurdità».

Due oggi gli approcci prevalenti: l’assunzione di una lettura del capitalismo ridotto a sole banche e finanza, senza alcuna critica del sistema che li ha prodotti, con il contorno di presunte cospirazioni ebraiche, e una visione geostrategica in cui i soggetti di riferimento diventano unicamente gli stati, non i popoli e le classi, con i loro diritti e le loro rivendicazioni. Da qui l’opposizione agli Usa, in mano ormai ai «circoli sionisti», e il sostegno a Cina e Russia. «Eurasia» (che auspicherebbe un’alleanza tra russi, europei e stati mediorientali in chiave antiamericana) e Stato e potenza sono solo in definitiva solo le ultime espressioni di questo filone. Basterebbe citare alcuni tentativi precedenti: dalla rivista «Orion»,negli anni Novanta, alla cosiddetta Rete dei circoli comunitaristi, inneggiante a Marcos e a Stalin («vero nazional-bolscevico»), inizialmente una corrente interna al Fronte nazionale di Adriano Tilgher poi legatasi al Partito comunitarista nazional-Europeo (fondato nel 1984 dagli epigoni di Jeune Europe), per finire all’Unione dei comunisti nazionalitari, tra il 2002 e il 2003, a Socialismo e liberazione e ora a Comunismo e comunità. In questo stesso ambito potrebbero essere a pieno titolo inseriti anche quelli di Rinascita nazionale e della casa editrice Arianna.

Un fenomeno, questo, dalle tinte rossobrune, non solo italiano ma sviluppatosi anche in altri paesi europei, con un occhio di riguardo al laboratorio russo con il suo Partito nazionalbolscevico, fondato nel 1993 dallo scrittore Eduard Limonov, le cui bandiere riproducono falce e martello in un cerchio bianco su sfondo rosso. Una realtà ambigua, tra fascismo e nostalgia per l’Unione sovietica.

IL COMUNITARISMO

L’area di riferimento per tutti in Italia è quella “comunitarista”, caratterizzata da correnti e tendenze anche molto diverse, se non opposte. Un terreno comunque entro cui nuotare, anche per via di alcune scelte, a sinistra, di realtà come il Campo antimperialista, o di intellettuali come Costanzo Preve, di puntare a un fronte antisistema senza più distinzioni fra destra e sinistra, fascisti e antifascisti. Già si tentò nel 2003, quando ad alcuni meeting proprio del Campo antimperialista furono invitati esponenti di estrema destra, arrivando a promuovere, in dicembre, un appello e una manifestazione nazionale a Roma, in difesa del popolo irakeno, con il sostegno di esponenti neofascisti, poi naufragata. L’idea era di uno schieramento unico contro l’imperialismo americano. Ora, in tempi di crisi, c’è chi ritenta. Diversi i segnali.

Andrebbe sottolineato che, nella sua accezione di estrema destra, il “comunitarismo”, come «superamento in avanti del nazismo e del comunismo, depurato da Marx», fu promosso nei primi anni Sessanta dal belga Jean Thiriart, una delle personalità più in vista del neonazismo europeo. Da questa stessa matrice furono poi originate organizzazioni come Lotta di popolo, che cercarono di inserirsi, senza riuscirvi, nei primi movimenti studenteschi. Anni dopo si scoprì che qualche loro dirigente figurava in rapporti con l’Ufficio affari riservati. Giusto per ricordarselo.”

 


venerdì 25 maggio 2012

Operai Ferrari in sciopero contro il nuovo contratto Fiat


Da gennaio, cioè da quando il nuovo contratto Fiat (il cosiddetto “modello Pomigliano”) è stato applicato a tutte le fabbriche del gruppo, gli operai della Ferrari di Maranello stanno rispondendo con lo sciopero prolungato dello straordinario comandato. Il nuovo contratto Fiat prevede, infatti, 120 ore di straordinario che l’azienda sta imponendo dittatorialmente ai dipendenti, obbligandoli a lavorare di sabato (o alla mattina presto, con un’ora di anticipo rispetto all’inizio del turno), in cambio di pochi euro di aumento in busta paga.

Il fallimento di Fabbrica Italia
Il fallimento di Fabbrica Italia – il piano industriale del Lingotto - è un dato di fatto. Quando è stato lanciato nel 2010 il presidente del gruppo, John Elkann, e l’amministratore delegato Sergio Marchionne lo hanno definito “il più straordinario piano industriale che il Paese abbia mai avuto” e “una grande opportunità per posti di lavoro in Italia”. Queste le parole. I fatti sono diversi: chiusura di Termini Imerese, della Fiat Cnh di Imola, della Irisbus di Avellino, dell’Alfa di Arese, di Chivasso e di altri stabilimenti del gruppo Fiat o dell’indotto.
Non solo. Più del 50% degli operai del gruppo Fiat è stabilmente in cassa integrazione. Da ultimo, il Lingotto ha annunciato che anche i 5400 dipendenti di Mirafiori tra giugno e luglio andranno per la prima volta in cassa. Tutto questo mentre le assunzioni nella “nuova” Fiat di Pomigliano procedono col contagocce (con una selezione del personale, concordata tra azienda e sindacati filopadronali, che esclude gli attivisti sindacali ritenuti scomodi). E’ evidente che la strada intrapresa dal Lingotto è quella della definitiva chiusura in Italia per trasferire la produzione all’estero (Serbia, Polonia, Brasile, Usa): questo dopo aver ricevuto enormi finanziamenti dallo Stato italiano (cioè soldi che sono di tutti noi lavoratori)!

Monti e Marchionne: il gatto e la volpe
Con la “riforma” del lavoro di Monti e Fornero e lo smantellamento dell’articolo 18 gli operai in cassa integrazione si trasformeranno molto presto in licenziati “per motivi economici”. Ciò che è scandaloso è che, di fronte alla prospettiva dello smantellamento di un diritto elementare, la Camusso e la burocrazia del più grande sindacato italiano, la Cgil, abbiano rinunciato allo sciopero generale sostituendolo con una ridicola e innocua passeggiata il 2 giugno.
Si sta per aprire una stagione di licenziamenti di massa (come se non bastassero quelli già in corso) e Camusso, Bonanni e Angeletti propongono una "allegra" scampagnata in occasione della festa della Repubblica! Gli scioperi territoriali di Fiom e Cgil dimostrano che i lavoratori sono disposti a scioperare e a scendere in piazza: ma la burocrazia, esattamente come Monti, teme lo sciopero generale perché ha paura che gli sfugga di mano. Le immagini delle masse oceaniche dello sciopero generale in Spagna del 29 marzo hanno fatto il giro del mondo. Bonanni, Angeletti e Camusso sanno che una forza d’urto di tal fatta non sarebbe funzionale al loro progetto: restare seduti al tavolo della concertazione per cercare di strappare qualche briciola al governo al fine di conservare i privilegi delle loro burocrazie. Quella degli scioperi territoriali separati per categoria e delle innocue parate è una strada fallimentare, che trascina verso la sconfitta tutta la classe lavoratrice: oggi i capitalisti si tengono strette persino le briciole e l’unica cosa che sono disposti a concedere sono tagli dei salari, licenziamenti, peggioramento delle condizioni di lavoro. 

Il Partito Socialista d'Azione al fianco della lotta degli operai Ferrari
Noi del Partito Socialista d'Azione ribadiamo a grande voce la necessità di abbandonare il capitalismo ed abbracciare il Socialismo, nazionalizzando banche e grandi industrie. Lanciamo il nostro più accorato appello ad ogni sincero anticapitalista, antifascista, rivoluzionario ad unirsi a noi nella lotta per il Socialismo. Solo con il Socialismo, infatti, con la sua economia che non deve dissetare voglie spasmodiche di grandi guadagni all'imprenditore di turno, si potrà garantire ed assicurare lavoro dignitoso per tutti e tutte, rispetto per l'ambiente e zero sprechi.


giovedì 24 maggio 2012

Diliberto ora vuole unirsi a Di Pietro. Il capofila dei revisionisti italiani è disposto a tutto pur di ritornare in parlamento

I revisionisti, si sa, sono degli incalliti parlamentaristi. Tagliagli le dorate prebende e comparsate parlamentari e loro svaniranno nel nulla, come se anche la lotta di classe fosse andata in ferie. Evaporano quando sono esclusi dal parlamento e dalle istituzioni, anzi quanto più a lungo ne sono esclusi tanto più insopportabili diventano le loro crisi di astinenza.
L'ha confermato il segretario del Pdci Oliviero Diliberto nelle interviste parallele rilasciate a "L'Unità" e "Il Fatto" del 12 maggio. L'unica sua preoccupazione è essere condannato a diventare un extraparlamentare a vita. E così ha voluto levare un accorato appello non ad abbattere il governo della grande finanza ma a costituire un nuovo cartello elettorale di "centro-sinistra" con Sel e Idv. "Se noi, Idv e Sel fossimo insieme, avremmo un risultato a 2 cifre, un po' come Melénchon in Francia...A Idv e Sel proporrò di lavorare a un soggetto federato della sinistra e con questa forza, che oggi avrebbe il 15%, trattare con il Pd in vista delle elezioni", ha affermato l'ex ministro della Giustizia dei governi D'Alema. Poi, per rassicurare che il suo orizzonte politico non sconfinerà mai e poi mai al di là del "centro-sinistra", con invidiabile faccia tosta ha trasformato la batosta elettorale subita dal Pdci alle amministrative in una vittoria: "Nell'ambito di questi risultati la Fed, che si è presentata sempre in coalizione con il centrosinistra, è aumentata dappertutto(sic)".
"L'Idv, però, non è un partito di sinistra come il vostro", ha obiettato significativamente il giornalista del "Fatto". "Con l'Idv distanze non ce ne sono", gli ha risposto piccato il capofila dei revisionisti italiani, "nei contenuti ha sempre preso delle posizioni identiche a quelle della sinistra". E bravo Diliberto a parole si dice per il socialismo e comunista e nei fatti non si distingue dagli altri parlamentari mangioni e puttanieri. Resta soltanto un dubbio per tutti i simpatizzanti/militanti di tutta la FDS: a cosa serve a questi individui che vi guidano nella "lotta" la gloriosa bandiera rossa? Rendetevi conto che la strada che hanno intrapreso Diliberto, Ferrero è la stessa di D'alema, Bertinotti, Cossutta. Un salto nel buio che porterà il proletariato italiano sempre più alla deriva!



mercoledì 23 maggio 2012

Il Monti-veggente


In queste ore sta circolando su Facebook una foto che raffigura il presidente del Consiglio Mario Monti con una nuvola tipo fumetto riportante la scritta: “Che tempismo, non trovate?”. Il riferimento è ad un decreto approvato lo scorso 17 maggio, solamente tre giorni prima che il terremoto colpisse l’Emilia Romagna. Con un tempismo che sfiora la preveggenza, infatti, il governo di Mario Monti, nell’ambito delle misure di austerity che dovrebbero risanare l’Italia, ha approvato un decreto taglia-risarcimenti che abolirà i fondi da destinare alle popolazioni colpite in caso di calamità naturale.
Secondo quanto previsto dalla norma, saranno i cittadini e non più lo Stato a sostenere i costi per fare fronte ad eventuali catastrofi naturali stipulando polizze assicurative con compagnie private. Il decreto, già in vigore, si inserisce nell’ambito della più generale riforma della Protezione Civile.
Ma i cittadini colpiti dal terremoto di ieri potrebbero non ricadere sotto i dettami del decreto: la norma prevede, infatti, un regime transitorio di 60 giorni a fini sperimentali e menziona la necessità di emanare un regolamento dettagliato entro 90 giorni dalla pubblicazione del testo sulla Gazzetta Ufficiale. Nonostante il periodo di “sperimentazione” le vittime del terremoto delle provincie di Modena, Reggio Emilia, Ferrara potrebbero essere comunque chiamati a contribuire con una possibile tassa sulle disgrazie da applicare sulla benzina come previsto dallo stesso decreto.


 

Lo statuto di Partito